lunedì 30 settembre 2013

Born to be rider(e:-)

"Il coraggio vuol ridere"
(F. Nietzsche)



Il primo di ottobre, per noi  "giurassici", ricominciava la scuola.
Grembiule nero, fiocco colorato su colletto bianco inamidato, cartella corredata di pennini, banchi di legno con calamaio incorporato (eredità del ventennio) e... l'emozione di ricominciare.




Sono cambiate molte cose da allora ma quell'età resta una fondamentale e delicatissima zona di frontiera, scrive Franco Bolelli su "Riders".  Quella dei 6 anni in cui, per la prima volta, si combina l'ambiente familiare con il contesto sociale e il gioco entra in contatto con il lavoro.

Già, il gioco, ovvero la chiave che, insieme al movimento, è la porta dell'apprendimento.

Eppure, quanto sono fraintesi e sottostimati questi due momenti !
Prendiamo la questione del gioco e dell'impegno, perché è qui che si modella il futuro stesso di un bambino, il suo rapporto con il mondo - prosegue Bolelli.
Per insegnare ai bambini che sia possibile - anzi necessario - unire il gioco con il senso di responsabilità, è fondamentale che per primi gli adulti ne siano consapevoli.
Il gioco è una cosa assolutamente seria, e questo i bambini lo sanno benissimo come sanno istintivamente quello che diceva Nietzsche: "Non conosco altra maniera di trattare i grandi compiti che non sia il gioco".
I bambini mettono costantemente in pratica tutto questo, misurandosi e crescendo attraverso il gioco. Il gioco come strategia evolutiva. Prendersi dannatamente sul serio senza mai prendersi sul serio. Non confondere la grandezza del senso di responsabilità con la pesantezza del dovere.

Lavorare sempre sui propri margini di miglioramento 
- questa è la vera chiave di volta! -
come fanno, per esempio, i piloti di motociclismo con un sorriso alla maniera di Marc Marquez, fast-baby e astro emergente del motomondiale.

Born to be rider(e:-), dunque!

Perché nel mondo in vertiginoso mutamento in cui viviamo, non si smette mai di crescere (quindi d' imparare). E in questo stesso senso, a qualunque età, ci ritroviamo non a inseguire impossibili innocenze, ma a essere sempre in una condizione dove le vecchie mappe non servono più e dove si deve ogni volta sperimentare e reinventarsi.

L'idea che il gioco sia cosa infantile e che si possa tutt'al più praticarlo nei momenti liberi dagli impegni è un  equivoco madornale.

Quanto all'assenza del movimento nell'età evolutiva... sic! 
La vita stessa è perenne movimento.



"Le petit parisien" di Willy Ronis



È proprio quando le cose si fanno difficili che avere una disposizione vitale - non scioccamente ottimista - fa tutta la differenza del mondo. Giocarsela - con se stessi, con le difficoltà, con i rischi connaturati a una vita non mediocre - è la migliore delle attitudini possibili.

Aiutare i bambini a crescere senza soffocare questa loro innata attitudine è il miglior modo per aiutare noi stessi a non smettere di crescere.



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