Quando Anna Maria Mazzini da Busto Arsizio più nota come
MINA, la "Tigre di Cremona", cominciò a scrivere su "La Stampa" di Torino i suoi articoli di fondo, il sabato mattina divenne un appuntamento fisso tra Lei e me che iniziammo una corrispondenza di ideali andata avanti per diverso tempo.
Avevo delle solide motivazioni che andavano di gran lunga al di là del personaggio pubblico ammirato fin da bambino, da quando mia sorella Lisena portò la Sua miracolosa voce a espandersi di dentro le pareti domestiche per non abbandonarmi più.
Quando mi decisi a scriverle lo feci per impulso, per un irrefrenabile desiderio di dirle:
Cara Mina,
quello che scrivi ne "La Stampa" ha qualcosa di prodigioso, rassomiglia alla tua voce. Un miracolo.
Di recente ho letto qualcosa di particolarmente speciale che mi è piaciuto rivestire così.
Te lo restituisco, facendone tesoro, con rinnovata gratitudine.
beato l'uomo che fa del proprio limite la sua forza
beato l'uomo che non si ferma, che non si vuole arrendere
beato l'uomo che non ha paura di se stesso, della propria fisicità
beato l'uomo che sfida con amore il timore della terrena provvisorietà
caricata di ogni tipo di diversità
beato l'uomo che riesce a sorridere, comunque
beato l'uomo che ricorda di essere stato bambino
beato l'uomo totale
beato l'uomo
dedicato a
MINA,
qui, nell'unico, inarrivabile duetto con Fabrizio De Andrè
qui, nell'unico, inarrivabile duetto con Fabrizio De Andrè
post scriptum.: cantando La Canzone di Marinella, "truccò le carte" di Fabrizio De Andrè che - con i proventi ricevuti per i diritti d'autore - si convinse ad abbandonare l'idea strampalata di un' improbabile carriera forense, per regalarci delle "gocce di splendore" di rara lucentezza.
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