venerdì 10 gennaio 2014

Le Radici e le Foglie



"Il grado di civiltà di un popolo
è in ragione diretta col suo amore
per le opere d'arte"

(Massimo D'Azeglio)


Questa "massima"  il mio caro amico Alfonso Batistoni l'aveva presa alla lettera!

Mi si presentò, un giorno d'inverno, bussando timidamente alla porta dello studio: correva l'Anno Domini 1991, appena il secolo scorso. Quell'uomo dal fare così modesto e silenzioso aveva in serbo... e tutta l'aria di chi è in procinto di svelare segreti non più contenibili, come chi - nascostamente - riesce a custodirli nel suo cuore da troppo tempo.

Quell'uomo, all'apparenza tanto dimesso e schivo, mi stava porgendo il lavoro di un'intera vita di ricerca amorevole sulla passione che lo animava: l'Arte, non disgiunta dalla fede che l'Arte disvela!

Impiegai dei mesi per dare una veste e venirne a capo di quella ricerca che aveva "fruttato" lungo il corso di decenni passati a setacciare un patrimonio inestimabile, sedimentato nelle pieghe della più nascosta e autentica terra di Toscana: il Casentino. E la porta d'ingresso a tanta meraviglia non potevano che essere le Pievi romaniche, pietre risonanti di una storia millenaria. 

Quell'opera mi coinvolse a tal punto che ancora provo un'emozione e una gratitudine così profonda, una gioia pari solo alla riconoscenza che si sente quando la passione prende il sopravvento e il condividerla è giusto compimento. Come l'amicizia, che tra noi sbocciò e fiorì nel corso della stesura del volume: 
I Pivieri dell'Alto Casentino.





 Di questa remota terra di confino, il Batistoni aveva colto l'anima più profonda rendendo finalmente giustizia e testimonianza alla sua terra natia. Un luogo, il Casentino, cioè la più alta Valle dell'Arno, che Alfonso aveva riletto attraversandone la storia dalla sua porta d'ingresso principale: l'immenso patrimonio storico-artistico del nostro Paese.

A ben guardare, l'Italia è innanzitutto fatta di Borghi, Castelli, piccole Città murate che custodiscono una ricchezza senza eguali al mondo e che rappresentano la nostra identità storica e culturale.

Il termine "apocrifo" sembra mutuato a proposito: il significato intimo della parola risiede nel concetto di "segreto", "nascosto", come l'anima dei centri che abitano e animano l'Italia o la animerebbero se non fossero dimenticati!

Le Pievi romaniche sono la porta d'ingresso e la chiave di lettura di questa immensa eredità. 
Che si tratti della diocesi di Fiesole sotto la quale l'alto Casentino soggiace, o il percorso romanico più stupefacente d'Europa - quello di Pavia - la regola resta la stessa: è nelle pieghe nascoste delle nostre vene che dobbiamo attingere.

La Pieve di S. Maria Assunta, Stia (Ar). Disegno di Alfredo Cifariello, allievo di Pietro Annigoni.


Capitelli romanici, XI-XII secolo.


Madonna col Bambino. Terracotta invetriata di Andrea Della Robbia (1437-1528)

Annunciazione. Trittico di Bicci di Lorenzo (1414) - dal Fonte battesimale -

Così Batistoni descrive questo autentico capolavoro:

L'arte (di Bicci) è piena di dolcezza trecentesca gradita, che piaceva più di quella dei pittori legati alle forme arcaiche giottesche e dei pittori più avanzati dell'inizio del '400. In un periodo in cui i nuovi modelli raffinati del gotico internazionale o fiorito si diffondevano in Firenze già da un decennio, per opera di un gruppo di artisti aggiornati ed evoluti, Bicci di Lorenzo si cura poco della nuova corrente. (...) Le linee, piacevoli e garbate non sono morbide e modulate, tuttavia... la graziosa figura dell'Angelo piena di timida apprensione, ispira un senso di devota intimità da quelle note di tenue colore.


Scorcio del campanile della Pieve di Stia
Stia, p.zza Bernardo Tanucci tra i colori dell'imbrunire
P.zza Tanucci: spegnitorcia con Croce risalente al 1600.
Dettaglio dal loggiato della piazza di Stia.

Se le radici reclamano la loro parte, anche le foglie vogliono il loro posto!


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